
Il cibo piace, anche e soprattutto sui social media. Ma negli ultimi anni a spopolare non sono più solo le foto ai piatti “instagrammabili” dei ristoranti o video-ricette casalinghe: le cosiddette “food challenge” sui social hanno conquistato un’ampia popolarità sui social media, diventando veri e propri fenomeni virali. Da YouTube a TikTok, migliaia di utenti – spesso adolescenti – si cimentano in sfide alimentari, spesso bizzarre o estreme, per ottenere visualizzazioni, like e commenti. Tuttavia, dietro l’apparente spensieratezza di questi video si nascondono alcuni rischi che vanno dall’intossicazione alimentare a disturbi più gravi, con un impatto potenzialmente pericoloso sulla salute psico-fisica soprattutto dei più giovani. Ma cosa sono queste sfide e perché è importante prestare attenzione ai loro effetti sulla salute e sul benessere mentale dei ragazzi?
Approfondiamo l’argomento in questo articolo, cercando di capire quali sono le loro implicazioni di queste challenge e, soprattutto, come possiamo proteggere i più giovani.

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Cosa sono le food challenge sui social?
Facciamo un passo indietro, in quanto le “sfide” che hanno al centro il cibo non sono un fenomeno completamente nuovo. Prima ancora dell’avvento dei social media così come li conosciamo oggi, già la televisione proponeva questa “spettacolarizzazione” delle food battles con programmi e format televisivi di grande successo. Uno dei più famosi è senz’altro Man vs Food, programma statunitense andato in onda per la prima volta nel 2008 in cui il presentatore si recava ogni volta in un ristorante diverso cimentandosi in alcune prove in cui gli era richiesto di mangiare enormi quantità di cibo in un tempo limitato.
Ingerire cibi in quantità eccessive è una delle tante challenge che oggi vengono lanciate sui social, ma non è ovviamente l’unica. Di fatto, quando si parla di “food challenge” si intendono tutte quelle sfide in cui gli utenti si registrano mentre consumano cibo in modi insoliti, per poi condividere il video sui social media. Il meccanismo di base è semplice: sfidare se stessi o altri a compiere l’impresa, coinvolgendo amici, conoscenti o perfetti sconosciuti in un ciclo di emulazione e competizione.
Esempi di food challenge
È bene specificare che il fenomeno delle food challenge è enorme e vastissimo: non tutte le sfide sono necessariamente problematiche. Alcune prevedono solo di assaggiare combinazioni di cibi che, insieme, non proveremmo mai e che magari risultano disgustosi insieme (ma non pericolosi), o in fondo anche lo stesso Veganuary è nato come una challenge che invita a mangiare vegano per tutto il mese di gennaio, sensibilizzando verso uno stile alimentare più sostenibile e salutare.
Ad ogni modo, tra le tipologie di food challenge più classiche che possiamo trovare sui social,
- alcune sfide prevedono di ingerire grandi quantità di cibo in un tempo molto breve, come nel caso di vere e proprie “gare di abbuffata” che sfidano i limiti fisici; o ancora, negli ultimi anni è spopolato il mukbang watching, ossia l’atto di guardare video in cui una o più persone mangiano grandi quantità di cibo
- in altre sfide, invece, si è chiamati a mangiare alimenti considerati “estremi” e “pericolosi”, come cibi piccantissimi, molto amari o potenzialmente tossici
- infine, alcune sfide richiedono il consumo di cibo in modo ridicolo, come combinazioni inusuali o il mangiare senza usare le mani.
Dietro l’apparente leggerezza di queste sfide, si possono nascondere quindi meccanismi psicologici e sociali che possono spingere a comportamenti rischiosi, soprattutto quando si cerca di superare i propri limiti per ottenere più visibilità. Nello specifico, vediamo alcuni esempi più noti che hanno attirato milioni di visualizzazioni e partecipazioni, ma che hanno anche suscitato allarmi per la loro pericolosità.
- Cinnamon Challenge: una delle sfide più famose, che richiede di ingerire un cucchiaio di cannella in polvere senza bere acqua. I partecipanti spesso tossiscono violentemente o si strozzano, poiché la polvere secca può irritare in modo grave le vie respiratorie.
- Sprite and Banana Challenge: la sfida consiste nel mangiare due banane e poi bere una bottiglia di Sprite il prima possibile. In genere, il risultato è il vomito, causato dalla reazione chimica che avviene nello stomaco dopo aver consumato i due prodotti consecutivamente.
- Chubby Bunny: una sfida che sembra innocua, ma invece è potenzialmente pericolosa; consiste nel riempire la bocca di marshmallow cercando di pronunciare “chubby bunny”, ma il rischio di soffocamento è elevato.
- Nutmeg Challenge: questa sfida richiede di assumere grandi quantità di noce moscata, che può avere effetti psicotropi e tossici, portando a nausea, vomito e persino allucinazioni.
- One Chip Challenge: una sfida che invita a mangiare una patatina ricoperta di polvere di peperoncino estremamente piccante. Alcune persone hanno riportato forti dolori allo stomaco e problemi respiratori.

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Non solo food challenge: alcuni trend pericolosi
Oltre alle vere e proprie food challenge, poi, sui social si sono diffusi altri trend che invece incentivano a consumare cibo poco calorico, in basse quantità, oppure alimenti ultra-processati e decisamente non sani. Da un opposto all’altro, insomma.
Un esempio è il trend Girl Dinner, in cui ragazze condividono i loro pasti sui propri profili online: si tratta perlopiù di piatti con spuntini comodi, svuota-frigo, poco elaborati e che non richiedono grandi preparazioni, perfetti per una cena in solitaria quando non si ha voglia di prepararsi un pasto completo. Nei video, queste “dinner” si propongono come un “pasto completo”, ma in realtà contengono cibi a basso contenuto nutrizionale e processati, spesso messi insieme in modo casuale. Ecco allora comparire hamburger mangiati senza pane accompagnati solo da diverse salse, wurstel con fette di formaggio confezionato, panini riempiti con quello che si ha in frigo, mais consumato direttamente dalla lattina.
O ancora, il trend What I eat in a day, in cui gli utenti mostrano cosa hanno mangiato durante la giornata, come gli sportivi che riprendono cosa consumano per rimanere in forma, oppure persone – soprattutto ragazze – con disturbi alimentari che condividono i loro pasti. Se all’inizio si trattava di un trend che incentivava le persone a mangiare cibi perlopiù salutari per raggiungere una certa forma fisica, negli anni il trend è passato tra le mani di chiunque: sotto questo hashtag si trovano video in cui gli utenti, mostrando “cos’hanno mangiato in un giorno”, si registrano mentre mangiano quello che vogliono senza preoccuparsi troppo delle conseguenze, tra pollo fritto, pizze iper-condite, panini farciti con qualsiasi cosa, e così via.
Quali sono i rischi delle food challenge e dei trend sui social?
Le food challenge, pur presentandosi come semplici giochi o sfide apparentemente innocue, possono invece incoraggiare comportamenti alimentari disfunzionali e contribuire a normalizzare atteggiamenti pericolosi verso il cibo. In primis, le sfide che implicano l’assunzione incontrollata di alimenti in quantità smisurata o di cibi ipercalorici sono strettamente legate a disturbi alimentari come il binge eating disorder (disturbo da alimentazione incontrollata). I cosiddetti “speed eaters” professionisti possono andare incontro, ad esempio, a nausea e bruciore di stomaco persistente, vomito, fino a gastroparesi, obesità, disturbi alimentari, danni cardiovascolari e respiratori. Oppure, come abbiamo visto, l’assunzione di certi cibi considerati pericolosi o potenzialmente tossici può causare nell’immediato nausea, vomito, dolori gastrointestinali, problemi respiratori, o avere anche conseguenze più gravi, come il rischio di soffocamento.
In generale, poi, le food challenge e i trend sopracitati promuovono diete irrealistiche e poco sane, oltreché spesso standard di bellezza e magrezza irraggiungibili, come i contenuti thin- o fit-inspiration. Non solo, diffondono anche stili di vita fortemente rigidi e controllati, con il rischio di aumentare il rischio di sviluppare disturbi alimentari. A rendere il tutto più pericoloso, poi, si aggiunge il fatto che nessuna di queste persone è un nutrizionista o un esperto di alimentazione e, invece, mostra quotidianamente la propria dieta, incentivando altre persone a seguirlo.
Infatti, la costante esposizione a contenuti di questo tipo può:
- incentivare la competizione malsana: il desiderio di superare gli altri e ottenere attenzione può spingere a comportamenti alimentari rischiosi
- sfavorire un rapporto equilibrato con il cibo: la rappresentazione del cibo come strumento per “sfide” può allontanare i più giovani dal concetto di alimentazione “sana”
- generare ansia e insicurezza: per chi è vulnerabile, come gli adolescenti, la pressione sociale può tradursi in disturbi d’immagine corporea e condotte alimentari disordinate.

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Come proteggere i più piccoli?
Le piattaforme social giocano un ruolo fondamentale nel propagare questo tipo di sfide e trend, e sono un un potentissimo veicolo amplificatore di disinformazione, ideali estetici e abitudini – soprattutto alimentari negativi. L’algoritmo premia i contenuti che generano maggior engagement (commenti, like, condivisioni), spingendo gli utenti a cercare sfide sempre più estreme per guadagnare visibilità, oppure a seguire un determinato trend solo perché in quel momento è virale, normalizzando però comportamenti rischiosi. Purtroppo, bambini e adolescenti sono particolarmente vulnerabili all’influenza dei social media e alla pressione del gruppo, che possono spingerli a partecipare a sfide pericolose pur di sentirsi accettati o ottenere popolarità online. O ancora, ascoltare informazioni distorte di persone inesperte su diete, quantità di cibo, calorie e così via, può generare preoccupazioni eccessive riguardo al cibo, sensi di colpa e senso di inadeguatezza. Questo potrebbe spingere alcune persone a imitare i comportamenti del creator per ottenere lo stesso tipo di fisico, correndo però il rischio di compromettere la propria salute e sviluppare disturbi alimentari.
Insomma, quando si tratta di alimentazione – soprattutto in fase adolescenziale – c’è poco da scherzare o su cui “giocare”. Per aiutare i più giovani a evitare comportamenti rischiosi è fondamentale innanzitutto monitorare l’uso dei social, tenendo conto che è possibile iscriversi solo dai 14 anni in su. Stabilire delle regole sulla condivisione di attività e sul tempo di utilizzo è fondamentale, tenendo anche conto che alcune piattaforme consentono anche di limitare o bloccare l’accesso a contenuti potenzialmente dannosi: per i più piccoli è consigliabile farlo, mentre se si ha a che fare con ragazzi più grandi può essere controproducente, spingendoli ad allontanarsi e a chiudersi in sé, perché si sta ledendo la loro privacy.
In ogni caso, la prima cosa da fare è educare sui rischi, avviando sempre un dialogo e un confronto sincero e aperto: parlate quindi con i vostri figli dei pericoli nascosti dietro le food challenge, i comportamenti di emulazione e la disinformazione che si trova online. Capire come funzionano queste sfide aiuta è essenziale: aiuta a creare più consapevolezza in loro e a sviluppare un proprio senso critico quando si è online, riconoscendo da soli comportamenti rischiosi da evitare. È possibile inoltre incoraggiare sfide salutari, suggerendo alternative divertenti e sicure, come sfide sportive o creative, che possano stimolare lo spirito di gruppo senza però compromettere la salute.
In generale, da parte dei genitori è essenziale fornire supporto emotivo, creando un ambiente aperto al dialogo, dove i ragazzi possano sentirsi liberi di esprimere dubbi o pressioni che subiscono online e chiedere aiuto ogni volta che hanno bisogno.
Se vi accorgete che il vostro rapporto con il cibo sta diventando fonte di ansia o disagio, non esitate a rivolgervi a un professionista della nutrizione e a uno psicologo: entrambi possono offrirvi il supporto necessario per ritrovare equilibrio e benessere.
Le food challenge possono sembrare divertenti e innocue, ma molte di esse nascondono pericoli che non dovrebbero essere sottovalutati. Proteggere i più giovani dall’influenza di queste tendenze significa non solo educarli a riconoscere i rischi, ma anche insegnare loro l’importanza di un rapporto sano con il cibo e un uso consapevole dei social media.
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